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TENERIFE- MAGIC ISLAND

Siamo nel profondo freddo di Gennaio 2018, e io e la mia compagna Elisa stiamo organizzando il nostro primo viaggio estivo insieme.
 

Requisiti:

-        un'isola, così da poterla girare tutta,

-        bei paesaggi, tante spiagge per il diletto e relax della mia dolce metà ,

-        qualcosa a prova di tasche di due studenti.

Inevitabile virare sulle Canarie, i voli costano poco, le case in affito idem, e lo stesso vale per l'auto a noleggio.


Ragazzi, L'AUTO A NOLEGGIO. Prendere un'auto a noleggio in europa non costa meno di 30/40€ al giorno, specie per due ragazzi giovani (consideratio a rischio e quindi sovrapprezzati): bene, il primo motivo per amare le Canarie quindi lo avete capito, i 13€ al giorno senza cauzione nè caparra da lasciare all'autonoleggio. Noi abbiamo optato per Cicar, fantastico è dir poco. https://www.cicar.com/IT


Ora però viene il momento della scelta: la vulcanica Lanzarote? La ventosa e desertica Fuerteventura? La variegata Tenerife? Il "continente in miniatura" Gran Canaria? Manca La Palma e La Gomera nella lista, escluse per non complicarci la vita.
Ancora una volta è il portafogli a dirigere le nostre scelte, e dopo aver trovato l'ennesima offerta con i voli, optiamo per Tenerife. E quindi partono le grandi studiate sul cosa vedere assolutamente, dove pernottare, dove prendere il sole e dove tentare di uccidersi per scattare la foto della vita (ma non voglio svelare niente, quindi andiamo per ordine).

 

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Vorrei fare una breve intro su cosa sia Tenerife e dove si trovi: Tenerife fa parte dell'arcipelago delle Isole Canarie, ci troviamo di fronte alle coste del Marocco e al Sahara, eppure qui le temperature non superano mai i 35 gradi anche in Estate (se non durante la Calima, il caldo e umido vento sabbioso di provenienza sahariana che proietta le isole in una ambiente simil Pianura Padana), merito dell'Oceano e dei venti che accarezzano le isole per tutto l'anno.
Tenerife, come dicevo in apertura,è l'isola più variegata: vanta un vulcano, il Teide, il più alto d'Europa (anche se non continentale, perciò il primo è l'Etna, anche se più basso di qualche centinaio di metri): un vulcano che emerge ma che in realtà è solo la "punta dell'iceberg" di quel che in realtà è, il più grande vulcano del mondo se consideriamo anche la superficie sottomarina. Ed in realtà l'altezza è notevolmente ridotta a causa del collasso del cono vulcanico, che ha "ridotto" l'altezza agli attuali 3718mslm. Si trova all'interno di un parco naturale, il più visitato d'Europa ed uno dei più visitati al mondo, secondo solo a Yellowstone: chi l'avrebbe mai detto? Un vulcano semisconosciuto ai più, ed in realtà....

Oltre al Teide, che già avrete capito come abbia già catalizzato la mia attenzione, a Tenerife ci sono un mucchio di altre cose.
Momento "alle falde del Kilimanjaro": l'isola è divisa in due parti.

Il Nord, dominato dal Massiccio di Anaga, è montuoso per lo più, con una vegetazione tipica della macchia mediterranea, con ginepri, piante grasse, per inoltrarci poi nelle foreste di Laurisilva, un bosco magico pieno di felci, muschi e piante rampicanti attorcigliate tra loro, quasi a rendere inaccessibile questa zona per evitare contaminazioni. In un ambiente simile, la montagna incontra il mare in maniera improvvisa, formando scogliere a picco sul mare e piccole baie, spesso inaccessibili se non via mare e, soprattutto, nascoste.
Il Sud invece è l'equivalente della nostra Riviera Romagnola: hotel in riva al mare, spiagge basse e sabbiose, dove l'urbanizzazione ha "violentato" l'isola (SPOILER: per questo la zona che meno mi è piaciuta è stata proprio questa).

Ma andiamo per ordine: voli prenotati a fine Gennaio, auto prenotata poche settimane dopo, così come le case.

CASE: perchè per questa nostra vacanza abbiamo deciso di dividere i nostri 10 giorni in due parti, 5 giorni al Nord e 5 al Sud. Questa si è rivelata alla fine una scelta intelligente per evitare di passare in auto tante ore durante la giornata: è vero che l'isola da capo a capo si gira in 2 ore grazie all'Autopista TF-1 (la nostra autostrada), tuttavia per la nostra idea di vacanza comunque troppe.
Consiglio tutt'oggi questa soluzione, le case costano poco e il risparmio, spezzando il periodo su due case diverse, è pressochè nullo.

Questo viaggio rappresenta una novità per molti aspetti per me: il primo aereo, la prima volta sull'Oceano, la prima volta all'estero con la mia Elisa, insomma...tante novità!
Per questo i mesi in attesa della partenza passano all'insegna di una ricerca quasi spasmodica di posti fighi da vedere ma soprattutto da fotografare. Per uno come me, per il quale la Fotografia è una questione viscerale, Tenerife è il paradiso. Punto.
Dalle mie ricerche spuntano posti stra inflazionati così come altri sconosciuti ai più, addirittura siamo riusciti a trovare posti che anche qualche abitante del luogo non conosceva (GRANDE LUCA, lavoro di ricerca fatto bene!).

Tra l'altro sono riuscito a trovare addirittura due "agganci" per scoprire cose nuove: uno è il gande Gabriele Mannelli (https://www.gabrielemannelli.it/ ) con il quale, ironia della sorte, qualche mese dopo avrei fatto un viaggio insieme, grande esperto dell'isola e dei boschi di larisilva di Tenerife, al quale mi sono rivolto proprio per capire dove scattare nei boschi; l'altro, Andrea, un motociclista conosciuto su un gruppo fb riguardante la nostra moto, al quale ho chiesto spesso consigli e... SPOILER che avremmo incontrato alla fine della vacanza cum magno gaudio!

Da buon fotografo è giusto che vi parli anche dell'attrezzatura che ho portato: questo è stato il vaiggio inaugurale (e pure di addio) della mia Olympus. Sono passato dal sistema Nikon FF (la mitica D750) al sistema micro4/3 per una questione di pesi. Il mio precedente corredo pesava 3kg, il corredo dell'Olympus mi copriva dai 14mm ai 280mm in un kilogrammo e pochi etti. Dopo un viaggio in Austria dove l'attrezzatura mi ha letteralmente spaccato la schiena, volevo affrontare questo viaggio con una maggiore tranquillità e non con l'incubo di dover soffrire il mal di schiena.
 

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Perciò ho fatto la follia.
Follia sia per la questione qualità, sia per le tempistiche: l'ultimo obiettivo mi è arrivato il giorno precedente alla partenza. Classico per me.

 

Nel bagaglio a mano sono riuscito a far entrare tutta l'attrezzatura, così come il mio fidato treppiedi, il mio fidato Andoer Q666 (che molto ha sofferto durante quel viaggio), e le scarpe da trekking.

Ma ora basta chiacchiere, passiamo al sodo: LA VACANZA

  • Giorno 1 (4 Settembre): ARRIVO A SANTA CRUZ DE TENERIFE

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Finalmente il giorno della partenza. Il volo parte alle 14.30, ma noi già alle 11 siamo in aereoporto per evitare sorprese. Malpensa è sorprendentemente vuota, che pacchia. Zero code in qualsiasi tappa dell'aereoporto. Finalmente giunge la fatidica ora X e si parte. Il volo dura 4 ore e mezza, nella parte iniziale se vedono le alpi e la costa francese, complice anche l'euforia per la novità riempio la memoria del cellulare di foto e video che dopo 2 giorni si rivelano inutili e verranno cancellate quasi tutte. Poi un banco di nuvole copre la visuale e ciò indica che è l'ora di dormire. Ci risvegliamo insieme un'ora prima dell'arrivo, quando le nuvole hanno lasciato il posto ad un azzurro senza sosta, tra cielo e mare. Ma tadaaaan, finalmente si vede la prima isola, probabilmente Fuerteventura, poi la seconda, e poi finalmente la nostra. L'aereoporto di Tenerife Sur è proprio sull'oceano e, grazie alle miriadi di foto viste, riconosco anche il profilo di El Medano con la omonima spiaggia. Tuttavia l'impatto con l'isola è particolare: non ci si abitua nonostante la visione delle foto, è un ambiente completamente diverso da come si possa anche solo immaginare, probabilmente sensazione accentuata anche dal fatto che io, ad un vulcano, non mi ci sono mai neanche lontanamente avvicinato, quindi è una novità nella novità.

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Ritirati i bagagli, ci dirigiamo allo sportello Cicar per pagare i 136€ pattuiti in fase di prenotazione e ritirare la macchina. La paura di ricevere una carretta è tanta, lo ammetto. Sono un sospettoso di natura, le cose troppo belle per me non esistono, c'è sempre una fregatura (sarà il sangue italiano e la consapevolezza di cosa siamo capaci di fare noi italiani...boh). In fase di prenotazione avevamo richiesto una Fiat 500, alla fine però ci danno le chiavi di una Opel Adam. La cosa simpatica è che, una volta che hai le chiavi in mano, vai a ritirare la macchina nel parcheggio da solo e via. Cioè, hai 13k euro di macchina in mano e gli hai solo lasciato i 136€ di noleggio.
Comunque, stupore a parte, ci dirigiamo alla ricerca del nostro posteggio dove troveremo la piccola Adam nera ad aspettarci. Bella luccicosa, nuova, immacolata, pulita e profumata, selfie di rito,
bagagli nel baule e si parte verso Santa Cruz.

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Dirigersi verso Santa Cruz significa dover imboccare la famosa Autopista: una autostrada a due corsie, sostanzialmente la spina dorsale dell'isola e centro nevralgico dei trasporti. Dire che sia in ottimo stato e dir poco: l'autostrada è stata riasfaltata tutta nel 2015 dopo le ripRese di Fast and Furious. Segnaletica perfetta, uscite dall'autopista agevoli, io prendo le misure col motore-frullino della nostra Opel (è un 1.0 benzina, un po' sacrificato per girare l'isola ma alla fine ci ha portato ovunque) mentre Elisa cerca di convincere il bluetooth dell’auto a collegarsi col suo cellulare, invano. La prima tappa però è il benzinaio. La macchina ha solo 40km di autonomia, urge il pieno; e qui la nuova sorpresa: IL PREZZO DELLA BENZINA.

0.99€/lt.

Ho fatto la foto perchè non ci credevo.

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Bene, i primi 15€ spesi ufficialmente sull'isola (l'aereoporto è territorio franco, non vale!), e via alla ricerca di un sueprmercato dove far la spesa. Ci si para davanti un Lidl e quel che succede è un saccheggio in piena regola, probabilmente conseguenza del fatto che fossimo affamati dal viaggio.
Dopo la pausa spesa, riprendiamo la strada per Santa Cruz dove ci aspetta la gentile signora che ci ha affittato un appartamento al piano 30 dell’Apartamento Torre1, una delle due torri da 32 piani presenti nella capitale, che successivamente scopriremo il quinto edificio più alto di Spagna.

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Appartamento carinissimo, con vista panoramica sull’Oceano e dotato di ogni comfort. Gentilissima la proprietaria e disponibile anche per recuperarci un attrezzo da cucina assai prezioso per gli italiani: lo scolapasta.


Inutile dirvi che la sera, dopo la cena ed un breve giretto intorno alla torre, siamo tornati in casa e siamo letteralmente collassati sul letto, con una leggera brezza, che entrava dalla finestra affacciata direttamente sull’Oceano, così come il suono delle onde.

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  • ·Giorno 2 (5 Settembre): GIRO A SANTA CRUZ DE TENERIFE E PLAYA BENIJO

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L’indomani, grazie al sonno ristoratore, ci svegliamo e procediamo facendo un giro della capitale: Santa Cruz ci affascina subito pulizia ed ordine, sembra di essere in una città del Nord Europa, sensazione rinvigorita anche dal vento che ci accarezza (perchè sferza è un po‘ aggressivo ma più realistico) con i suoi 22 gradi. Ebbene si, non siamo poi così lontani dall’Equatore, eppure paradossalmente troviamo sollievo all’afa padana proprio a Tenerife. Al punto che usciamo con una felpina arrotolata in vita perchè all’ombra non scherza.
Procediamo anche questa mattina con la spesa, perchè, da viaggiatori navigati quali siamo, abbiamo deciso di tenerci dietro sempre qualche riserva di cibo per adeguarci alle sorprese dell’isola. Nel pomeriggio infatti ci spostiamo verso la costa nord dell’isola, alla volta di una delle spiagge più belle e caratteristiche dell’isola: Playa Benijo. La spiaggia prende il nome dall’omonima roccia che si trova sulla spiaggia, Roque Benijo, un comignolo di lava che domina la spiaggia.

La strada per arrivare a Taganana, il borgo più vicino alla playa, è impervia e molto ripida, con passaggi molto panoramici. Si passa per San Andres, dove c’è la spiaggia dorata e sabbiosa più grossa del nord dell’isola, e da qui parte la salita. La piccola Opel ogni tanto mostra segni di debolezza, ma basta scalare di una marcia e riprende vigore. La strada non è larga, ma nemmeno troppo stretta considerando che siamo a picco sul Barranco e che saliamo con pendenze talvolta superiori al 10%: ad ogni km di salita, la temperatura si abbassa ed il vento si fa più frizzante. Ci avviciniamo a vista d’occhio a quelle nuvole che contribuiscono a rendere questa parte dell’isola così umida e piovosa, e i loro giochi quando si scontrano con le creste rocciose catturano spesso e volentieri la nostra attenzione. Bisogna far attenzione alle curve, talvolta a 270gradi, perchè incrociare un’auto in quei punti non è piacevole, pur essendo con una piccola utilitaria. Dopo aver superato il bivio che porta al Teide passando per San Cristobal de la Laguna, la salita non si ferma ma anzi, si fa ancora più ripida. E qui troviamo il primo punto panoramico nel quale ci fermiamo ed inizio a saltellare a destra e sinistra per scattare. I giochi delle nuvole non si fermano, perciò ogni secondo la situazione di luce cambia.

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Dopo la prima sosta, la strada finalmente inizia a scendere e raggiungiamo così il borgo di Taganana dove ci fermiamo per inaugurare la nostra rubrica: #FOLLOWMETO

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La sensazione è quella di essere in un paese sudamericano. Superiamo il borgo e proseguiamo lungo la strada che costeggia l’oceano, dove si fanno sempre più frequenti i furgoncini con le tavole da surf sul tetto: ebbene si, siamo nel regno dei surfisti.

Finalmente arriviamo dove ci dovrebbe essere la spiaggia. Dico dovrebbe, perchè dalla strada la spiaggia non si vede. E non si vede neanche un buco per parcheggiare l’auto…perciò dopo un poco di pazienza, troviamo un parcheggio e riusciamo finalmente ad imboccare la scalinata che porta alla spiaggia.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Nota bene: i locali ristoranti che si affacciano sulla scogliera alle 16 chiudono. Noi volevamo fare una merenda abase di pesce, essendo arrivati alle 15.45, e ci hanno servito con aria di sufficienza. A saperlo avrei fatto digiuno, visto che il mio intestino si è ribellato per tutti i giorni a venire… io non ho detto nulla. Dopo aver banchettato, scendiamo in spiaggia.

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La scalinata si percorre in 10 minuti, non è particolarmente ripida ma è lunga, specie in salita. Ma ora preoccupiamoci della discesa: la vista è spettacolare, su una lunga spiaggia nera, e sulle formazioni rocciose e laviche che si innalzano in mezzo all’acqua, a pochi metri dalla riva. Non manca neanche qui la foto #FOLLOWMETO, ovviamente!

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Appoggiamo i nostri asciugamani e lo zaino con provviste, acqua e attrezzatura e timidamente iniziamo a spogliarci, anche se resteremo i più vestiti della spiaggia. Si, perche in Spagna la cultura del nudismo è ben radicata e praticata senza problemi un po‘ ovunque.

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Nonostante la brezza e la temperatura non proprio invitante, decidiamo di buttarci nelle acque dell’Oceano: il primo contatto con l’oceano è avvenuto. L’acqua è fredda, ma neanche tanto: mi aspettavo di peggio. Ben presto arriva la bassa marea e ci possiamo spingere sempre più a largo, raggiungendo quasi la Roque Benijo, ma soprattutto potendo godere di una spettacolare vista sul borgo di Taganana e Casanaga che si affacciano a picco sull’oceano. Continua il nascondino del sole dietro alle nuvole e spesso e volentieri partono dei raggi laser che colpiscono le montagne e le case stesse dei borghi. La spiaggia, come dicevo, è fatta da morbida e finissima sabbia nera, compatta anche ai piedi della scogliera a causa dell’alta marea della notte passata.

Mi soffermo su FINISSIMA perchè quella maledetta si è infilata ovunque, decretando la fine della vita del mio treppiedi. Ebbene si, il mio Andoer, che ne ha viste di tutti i colori, si arrende di fronte alla fine sabbia nera, che infilandosi nelle chiusure delle gambe, ha bloccato tutto, rendendo molto difficoltosa la chiusura delle ultime sezioni. Poco male.

Passiamo così un piacevole pomeriggio, con Eli che si prende il (poco) sole che arriva di tanto in tanto, ed io che mi arrampico da ogni parte con treppiedi e macchina fotografica appresso, sempre sotto il vigile controllo della mia donna, per cercare di trovare valide composizioni e punti di ripresa in attesa del tramonto.

Arriva finalmente il tramonto ma la luce è un po‘ deludente, e mi lascia l’amaro in bocca: la location c’è, le composizioni le avevo trovate, mancava solo la luce… ci rifaremo!

La temperatura scende tanto velocemente quanto velocemente scende il sole, e nel giro di 20 minuti la differenza di temperatura ci impone di metterci la felpa mentre saliamo la scalinata che ci porta alla macchina. Durante il viaggio di ritorno ci fermiamo nuovamente nel punto panoramico dove ci si è fermati all’andata,e scatto qualche foto alle scie luminose delle macchine con Taganana illuminata che lentamente viene avvolta dalla nebbia.

Rientriamo a casa dove ci attende una doccia rigeneratrice. Doccia puntualmente riempita di sabbia nera che abbiamo sparso ovunque.
Cena, passeggiata serale e nuovamente collassiamo!

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  • Giorno 3 (6 Settembre): PARCO NAZIONALE DEL TEIDE
     

Decidiamo in maniera tacita ed unanime che le mattine saranno d’ora in poi dedicate al sonno. Ci alziamo infatti con calma, facciamo la spesa per la cena a sacco ed una passeggiata a Santa Cruz, per uscire poi nel primissimo pomeriggio, in modo da sfruttare ugualmente le lunghe giornate che finiscono ben dopo il tramonto.


Quest’oggi ci aspetta il giro al vulcano: resistere e farlo nella seconda giornata ammetto mi sia costato molta fatica, ma l’attesa ne ha aumentato il desiderio. Dopo aver svolto le faccende domestiche, e dopo un pranzetto preparato dalla cuoca di casa, usciamo caricando in macchina anche i piumini.


Raggiungere i 2000mslm infatti comporta trovare una escursione termica incredibile, e perciò siamo partiti attrezzati e vestiti „a cipolla“: usciamo da Santa Cruz che siamo in maglietta, ci fermiamo a fare benzina e darci il cambio alla guida (noi litighiamo per chi deve guidare, siamo una coppia strana) a La Esperanza e l'aria si fa già più freschina al punto da richiedere la felpina. Man mano che si sale si assiste ad un evidente cambio di vegetazione: dal brullo e secco giù a Santa Cruz, al verde delle querce, sostituite poi dalle conifere. Ad un certo punto poi, attraversiamo un banco di nebbia che dopo poche centinaia di metri di strada ci troviamo ai nostri piedi: non era nebbia, sono nuvole. Siamo sopra le nuvole. Ci fermiamo al volo, per scattare delle foto che non rendono giustizia, ma io ed Eli siamo rimasti a bocca aperta dallo spettacolo che ci si para davanti nel primo punto panoramico al quale ci fermiamo, decidendo che sia giunto il momento della foto FOLLOWMETO!

 

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Le fermate poi si faranno sempre più frequenti perchè i punti di sosta, con piazzola, lungo la strada sono numerosi e ben spaziosi, e ciascuno caratterizzato da una vista o una caratteristica che lo distingue dagli altri.

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Arriviamo finalmente sull'altopiano e l'ambiente è marziano, per davvero: tutto rosso e nero, con moltissimi cespugli gialli, e la strada è una lingua nera costeggiata da lapilli vulcanici, che sembra di essere in un grandissimo giardino del Viridea, invece è la Natura che ancora una volta stupisce e ammalia. Ad un certo punto, addirittura, la strada passa in una spaccatura di una colata, e si vedono tangibilmente i vari strati di lava dai colori diversi. Poi, improvvisamente, una enorme discesa, e imboccandola si vede tutta la strada e sullo sfondo lui, Il Vulcano, Sua Maestà il Teide. Non voglio semrbare eccessivamente emotivo, una mezza donnina che si esalta per il nulla, ma giuro che non ho mai avuto una sensazione di estasi tale vedendo un luogo nuovo.

È stata una folgorazione vera e propria. Lo sa bene Elisa perchè alla prima piazzola libera (si LIBERA, perchè i pullman con i turisti sono numerosi, sebbene ben distribuiti e non danno mai l'idea di assembramento) mi vede scappare fuori dalla macchina e cominciare a saltellare a destra e sinistra, con strane posizioni, piegamenti...insomma, un tipico esemplare di Luca in overdose di entusiasmo.

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Dopo l'infinita discesa arriva il primo bivio del parco: noi decidiamo di andare a sinistra (la strada a destra scende verso La Orotava) e proseguiamo verso La Canadas del Teide. La nostra meta è Los Roques, di cui vi parlerò nei dettagli dopo. Mi vorrei ancora soffermare sul percorso, sul panorama durante il viaggio perchè penso sia unico nel mondo: si susseguono diverse lingue di lava, chiaramente distinguibili; si possono vedere dei grossi massi lanciati dalle esplosioni, si possono vedere delle piante endemiche e che solo qui crescono, con fioritura biennale, la Viperina di Tenerife, che, se non è in fioritura, appare come uno scheletro legnoso che può raggiungere i 2m di altezza. Non è così comune vederla, ma qualche pianta lungo la strada si può scorgere.

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Basta ste smancerie, siamo finalmente arrivati alla meta, come dicevo si tratta di Los Roques, un complesso di rocce laviche che, raffreddandosi imemdiatamente alla fuoriuscita dai comignoli, hanno creato delle forme davvero particolari, che sfidano le leggi della gravità: tra questa, la Roque de Garcia.

Qui le macchine iniziano a farsi più numerose, ma il piazzale per parcheggiare è grosso e quindi anche in questo caso non si ha la sensazione di caos. La prima meta è uno die tantissimi mirador che si trovano nel parco. Ma cosa sono questi mirador? Beh, la somiglianza con l'italica lingua lo fa già intuire: sono zone panoramiche, adeguatamente attrezzate per poter far assaporare il panorama ai milioni di turisti che ogni anno solcano le strade dell'isola. In questo caso è un mirador unico, per niente raffrontabile con gli altri che si trovano sull'isola. Parlo del Mirador Llano de Ucanca, dal quale si può avere una visione panoramica della piana omonima, che si trova a qualche decina di metro più in basso rispetto a dove sono locate le Roques, e dal quale si possono osservare appunto le Roques proprio dalla loro base, rendendosi conto così delle dimensioni e proporzioni. Nel dettaglio, i nomi delle strutture sono Roque Cinchado, El Torrotito, El Burro, Roques Blancos.


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Il panorama, ma ormai è lapalissiano dirlo, incanta ancora una volta, specie perchè il sole inizia a scendere e ad allungare le ombre su tutto ciò che tocca. Scendiamo dal mirador e dediciamo di fare una rapida passeggiata lungo il sentiero tracciato, ma la discesa del sole è più veloce di quel che pronosticavo dai mieic alcoli babilo-egiziani e perciò corriamo in macchina e risaliamo verso gli altri mirador dai quali si può avere una visione d'insieme del vulcano. Infatti a Las Canadas del Teide, il vulcano rimane, guardando le Roques, sulla destra quasi alle spalle, mentre risalendo il vulcano torna ad essere frontale, in una posizione quindi migliore per ritrarlo durante il tramonto, dalla quale inoltre si può osservare la luce del sole baciare il tappeto di nuvole che poche ore prima avevamo oltrepassato e che, costantemente, è rimasto sotto di noi.

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Ovviamente non manca il momento foto #FOLLOWMETO

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Perciò di nuovo in macchina, e sfoggio le mie doti nascoste da Vettel per essere, 45 minuti dopo, nel posto in cui volevo, nel momento in cui dovevo essere (forse un pelo in ritardo).

Arriviamo, parcheggiamo e boom fuori dalla macchina e giù per un fianco della collina di lapilli sulla quale ci troviamo per trovare le composizioni migliori tra alberi secchi, cespugli, pietre e lapilli.

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Stavolta Eli non mi fa compagnia, il sole scende

e, così come era successo il giorno precedente,

la temperatura scende molto velocemente di

minuto in minuto. La luce buona, quella

arancio/rossa, finisce e qui subentra la mia

sana e folle vena artistica che mi spinge a

proporre alla povera malcapitata che mi

accompagna se le va di tornare a Los Roques

per fare qualche scatto notturno. Non prima di

aver scattato l’ultima foto #FOLLOWMETO

della giornata!
 

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La povera malcapitata annuisce, e sembra pure entusiasta, pur consapevole dei nuovi 45 minuti di auto che la attendono. Si parte alle 21 e alle 21.50 siamo di nuovo dove eravamo poche ore prima, ma ora abbiamo una nuova scoperta che ci lascia nuovamente a bocca aperta (e inizio a capire che sia il motivo per il quale esiste questo luogo): una Via Lattea con una visibilità incredibile, che non può essere lontamanete paragonata con la visione che si può avere nell'Europa continentale.

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Forse solo nel deserto o in qualche arcipelago polinesiano si può vedere meglio, ama anche in questo caso dubito, dal momento che la piana è completamente al buio, nessun lampione neanche in corrispondenza del rifugio alla partenza della teleferica, le uniche fonti luminose sono le torce di altri fotografi che come il sottoscritto saltellano di qui e di lì per scattare. A ciò si aggiunge il tappeto di nuvole che funge da protezione nei confronti dell'inquinamento luminoso proveniente dalle città sulla costa. Insomma, il paradiso anche del fotografo notturno. Ringrazio me stesso per non essere stato così stupido da lasciare il Minitrack a casa e, nonostante fosse una delle prime volte in cui lo avessi utilizzato, inizio a scattare, non senza difficoltà. La serata è lunga, ma io mi diverto troppo e passa in un battito d'ali; Eli non è dello stesso parere, per un po' mi fa compagnia ma poi inizia a patire il freddo (eh si, freddo, perchè mi sono dimenticato di dirvi che la temperatura è scesa dai 28 gradi del pomeriggio ai 7 gradi della notte) e quindi decide di rientrare in auto (dove comunque patisce il freddo, ma non si lamenta mai, povera stella). Alle 23 scatto l'ultima foto nella piana e decido che per stasera la mia fanciulla è stata sin troppo paziente perciò si rientra a casa.

Sulla strada del ritorno però, l'ennesima sorpresa che ci lascia a bocca aperta ancora una volta. Se vi dico luci delle città + Via Lattea + vulcano + tappeto di nuvole, cosa si potrebbe immaginare? Non perdete tempo a provare ad immaginarlo, perchè la Natura sarà ancora una volta più sorprendente che mai: penso sia una delle foto più belle che abbia mai scattato, non eccellente a livello di mera qualità d'immagine a causa della mia Olympus, ma così ho una scusa valida per tornarci per rifare quella foto. Ok, ora la descrivo: Mirador sulla strada di cui non ricordo il nome, a sx Teide sul quale si staglia la Via Lattea, a destra invece il mare di nubi, inondato di una luce gialla proveniente dalla sottostante Puerto de la Cruz. Giuro, è stata l'ultima foto e mi sono fermato solo 10 minuti per farla, Eli, che dopo 3 minuti di auto si era già addormentata, si è svegliata, ha scattato una foto col cellulare perchè lo scenario effettivamente meritava ed è tornata in auto a dormire, giusto per farvi
capire. 

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Rotta per casa, e all'1 e qualcosina siamo finalmente nel letto al 30esimo piano, stanchi ma decisamente contenti della gita fatta. Aggiorno i miei compari fotografi con le foto delle preview direttamente dalla macchina fotografica e si dorme.

 

 

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  • Giorno 4 (7 Settembre): PLAYA BENIJO AGAIN

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Il copione è il medesimo: la sera leoni, la mattina...dormiglioni, perciò anche questa volta ci svegliamo con molta calma, colazione, spesa, giretto per Santa Cruz. Questa volta però prendiamo l'auto per vedere bene santa Cruz e parcheggiamo vicino al centro, anche perchè siamo alla ricerca di una batteria di riserva per la mia Olympus.

Si perchè Luca ha studiato tutto di Tenerife, e Luca inizia anche ad orientarsi tra le varie strade senza la necessità del navigatore, ma Luca (giuro, è l'ultima volta cher uso la terza persona per parlare di me stesso) non ha considerato una cosa: che, benchè la Olympus sia una macchina che non consuma molto la batteria anche strausandola, non può comunque durare per sessioni di foto di 3 ore come sta accadendo negli ultimi giorni. Perciò si il giro per Santa Cruz, ma alla ricerca di un negozio che online vende la batteria ma nella realtà sembra essere fantasma.

Facciamo il giro del corso due volte ma nulla. Chiediamo ai negozi accanto, ma nulla. Alla fine scopriremo l'esistenza di un sottopassaggio nel quale si trovano due vetrine che inzialmente pensiamo essere dello stesso negozio. Chiediamo e, nonostante sul sito sia scritto che abbiano quella particolare batteria per Olympus (perchè la si può acquistare online), dicono che non la hanno. Vi risparmio la descrizione di un altra mezz'ora durante la quale cerchiamo di capire cosa abbiamo sbagliato, e vi evito anche le maledizioni che ho tirato ad un altro negozio verso il quale ci hanno dirottato, che mi ha proposto la batteria originale a 70€ (e stavo quasi per cedere dalla disperazione). Insomma, stringo, e vi dico che le due vetrine di cui parlavo prima erano di DUE negozi DIVERSI.

Ma non è tutto: dopo che nel primo negozio mi dicono che non hanno quella batteria, chiedo dove potrei trovarla e mi dirigono nel secondo negozio dove ho rischiato l'attacco cardiaco per i 70€ proposti, salvo capire che, appunto, i negozi del sottopasso erano due, con le vetrine estremamente simili, e finalmente trovo la mia batteria al prezzo di soli 39€, che diventano 25€ perchè il proprietario sbaglia, ma lo considero un rimborso per la mattinata persa e la nevrosi venuta.
Pranziamo e decidiamo il da farsi: siamo molto combattuti, i giorni al Nord stanno per finire, ne mancano solo due, ma secondo noi ci sono potenzialità inespresse in due di questi, sebbene li abbiamo già visti: Benijo e Teide (nel quale avevamo già deciso di tornarci il giorno della prima visita). La voglia di mare e di sole di Elisa ci spinge a decidere per Playa Benijo, sperando in un tramonto migliore. Non sto a raccontarvi nuovamente la strada che si inerpica per le montagne del Massiccio di Anaga tra boschi piante grasse, di felci e laurisilve. E sono proprio queste ultime che attirano la nostra attenzione, ed è qui che entra in gioco il mio amico Gabriele Mannelli.

Scrivo infatti a questo fotografo che conosco grazie al nostro gruppo facebook GlobalPhoto. So che Gabriele conosce il posto perchè pochi mesi prima della mia partenza per le Canarie pubblica una foto di un progetto portato a termine tra Tenerife e il parco Garajonaj dell'isola La Gomera, l'isolotto di fonte a Tenerife, il cui soggetto è proprio il bosco di laurisilva tipico di Tenerife, La Gomera, di Madeira e delle Azzorre, unici posti nei quali è ancora riscontrabile questo tipo di foresta, chiaro richiamo delle foreste così come apparivano nella Preistoria. Insomma, Gabri si dimostra una persona per bene e, pur non avendo scambiato più di qualche apprezzamento su un social, mi indica precisamente dove cercare e dove andare, con annesse coordinate gps. Un angelo!

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La ricerca poi dà i suoi frutti ma, conscio del fatto di non essere attrezzato adeguatamente per questo tipo di escursione, e di voler portare a casa Eli sana e salva, decidiamo di lasciar perdere dopo poche foto e di andarci a rilassare in spiaggia al Benijo.
 

La strada la conosciamo, ci fermiamo nuovamente nel punto panoramico della scorsa volta, sempre per colpa dei soliti giochi di luce tra le nuvole, attraversiamo Taganana e Casanaga e siamo nella nostra amata spiaggia nera dopo una nuova mangiata di pesce! 

La marea è estremanente bassa e decidiamo subito di tuffarci. Riusciamo ad arrivare a piedi sulla Roque Benijo e, insieme a pochi altri pazzoidi, saliamo e scattiamo qualche foto vanitosa. Pazzoidi perchè le rocce vulcaniche possono essere anche estremamente taglienti o scivolose. La ma la pazzia, quando si parla di fotografare, non ha limiti per me e perciò, dopo aver accompagnato la mia donna in spiaggia, prendo l‘attrezzatura e decido di fotografare il moto ondoso dalla Roque, poichè da lì si ha una visione spettacolare anche di Taganana a picco, del Massiccio di Anaga, del sole che si nasconde tra le nuvole per poi far capolino all'improvviso coi suoi raggi laser.


Mi posiziono a distanza di sicurezza dall'acqua, ma ovviamente l'impatto fotografico non è al top. D'altronde in fotografia, se non c'è pericolo, la foto non vale. Quindi decido di sporgermi un poco di più, stavolta il punto di rirpesa mi garba alla grande, e stavolta il sole sembra essere dalla mia parte, visto che mancano ancora un paio di ore al tramonto ma già la situazione si fa interessante. Insomma, scatto, sto una ventina di minuti nello stesso spot per catturare il moto ondoso che dico io, le nuvole che dico io, la luce che dico io, tutto va benissimo, va troppo bene. Ed infatti un'onda altissima, almeno 3m di onda, arriva, si infrange ai miei piedi e mi lava completamente, me medesimo e l'attrezzatura (che avevo appena scoperto dal sacchetto di plastica di sicurezza perchè tanto „il mare sembra tranquillo“ cit.
Realizzo della cazzata appena fatta, prendo, cercando di mantenere più freddezza possibile, tutta l'attrezzatura e scendo dalla Roque. Nel frattempo la marea si sta alzando, è passato il momento di livello minimo, perciò anche scendere dalla Roque è una impresa dato che l'acqua mi arriva al petto non appena metto i piedi sulla sabbia, esco di corsa. Ma talmente di corsa che, se mi avessereo cronometrato gli ultimi 100m, credo avrei potuto far concorrenza Bolt, e non sto scherzando. Corro da Elisa che appena mi vede ride, non capisce, io prendo un panno, cerco di spiegarle, l'anticipo dandomi del pirla e smonto tutte le parti della fotocamera in modo da asciugare il più possibile. Prego tutte le divinità che non abbiano appena preso il volo 1600€ di attrezzatura.
 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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BREVE INTERMEZZO PUBBLICITARIO OLYMPUS: quando presi questa macchina, tra i tanti fattori per i quali ero entusiasta (peso, prestazioni autofocus, versatilità, feature), ce n'era uno per il quale oggi ringrazio di avere un corredo, perchè il corredo attuale lo ho grazie alla vendita di quella macchina: la tropicalizzazione seria. Avevo visto migliaia di prove di Olympus EM1 mark2 maltrattate sotto la pioggia, e avevo pensato „che eccesso, mai farò fare una roba del genere alla mia“ ed invece è proprio questa caratteristica ad avermi letteralmente salvato il culo, scusate il francesismo. FINE INTERMEZZO
 

Passano 10 minuti, mi calmo e nel frattempo continuo a pregare. Provo ad accendere la macchina e dà segni di vita. Provo ad attaccarci lo speedbooster e sembra funzionare. Attacco l'obiettivo e tutta l'elettroncia funziona. Un piccolo miracolo è avvenuto, grazie mamma Olympus.
Nel frattempo mi asciugo, perchè l'onda mi aveva bagnato tutto, con notevole forza tra l'altro, anche perchè per tornare a riva mi ero comunque bagnato, e riprendo fiato. Per oggi, ma anche per tutta la vacanza, il jolly l'ho giocato e quindi non si rischia più.

Per stemperare la tensione, decidiamo di fare una nuova foto #FOLLOWMETO con la splendida luce del momento!

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Il bimbo che è in me però non si placa e vede quella spiaggia come il più bel parcogiochi del mondo, perciò decido di riprendere l'attrezzatura e andare in acqua, ma solo finoa  dove le onde mi colpivano al massimo la vita, per cercare di riprendere i giochi di luce su Taganana da un punto di vista inedito. 
 
Giunge anche stavolta il tramonto, non entusiasmante di per sè, ma oggi, al contrario della volta precedente, lo scatto come lo volevo lo avevo, poichè la luce top è uscita un paio di ore prima del tramonto, quindi l'assenza di colori al tramonto vero e proprio passa indolore.

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Decidiamo infatti di lasciare la spiaggia prima ancora del tramonto proprio in virtù delle mie previsioni, poi realizzatesi, per tornare a casa con un minimo di luce, che per le strade di Anaga male non fa! Faccio le ultime foto al paese di Anaga con le luci accese e ci infiliamo in auto nuovamente.
 

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In un'oretta siamo a casa, stavolta ad un orario decente, al punto che, dopo cena, decidiamo di fare un giretto per Santa Cruz per sperimentare dei light painting grazie ad alcune funzioni della Olympus e per fare la ormai consueta foto #FOLLOWMETO!
Rincasiamo per le 22, e dopo poco siamo già tra la braccia di Morfeo.

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  • Giorno 5 (8 Settembre):  PARCO NAZIONALE DEL TEIDE AGAIN

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Ebbene si, il fascino del parco del Teide ha un che di magnetico sui due nostri giovani eroi, e quindi il nostro quinto giorno sull'isola canara comporta il ritorno su uno die luoghi del „delitto“ (fotografico, si intende).  Pima però decidiamo di fermarci alla Playa de Las Teresitas, l’unica spiaggia con la sabbia chiara e dorata come siamo abituati ad immaginarla nell’immaginario comune. Qui decidiamo anche di farci qualche foto #FOLLOWMETO su di un ponte color arcobaleno, molto carino!

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Posizioniamo gli asciugamani, ci facciamo un bagnetto e qualche foto, prendiamo un po‘ di sole ma poi il richiamo del vulcano si fa così intenso che decidiamo, dopo un’oretta, di rimetterci in auto.
Nonostante dall'ultima volta che abbiamo fatto la strada verso l'altopiano siano passati solo due giorni, le sensazioni di stupore non sono inferiori, anche perchè stavolta ci concentriamo su dettagli che la volta precedente ci sono sfuggiti, a causa dei numerosissimi input che il luogo dà.

 

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Attraversiamo, come di consueto, un banco di nebbia-nuvole e passiamo così dal nuvolo ad un cielo terso e limpido come pochi visti in precedenza nella mia vita. Anche stavolta ci fermiamo in qualche Mirador ad ammirare la vista, stando ben attenti ad evitare quelli già battuti nella scorsa visita. Ci troviamo così all'apice della lunga lingua di asfalto che porta al bivio, nel quale imbocchiamo nuovamente la strada a sinistra procedendo diretti verso Los Roque . Pochi kilometri prima del parcheggio decidiamo però di fermarci per fare qualche foto in mezzo alla strada stile USA, complice un traffico insolitamente basso.

 

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Dopo pochi minuti siamo nuovamente al cospetto delle nostre Roques. Il piano di quest'oggi consiste nel fermarci qui per tutto il tramonto e fare una nuova sessione di foto notturne, sfruttando l'esperienza della prima serata con il Minitrack: l'obiettivo infatti è quello di riprendere l'arco della via lattea con una panoramica di 5/6 scatti.

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Fermarci qui fino a notte inoltrata significa essere attrezzati con una cena a sacco, e per questo ringraziamo i panini del Centro Comercial Meridiano, economici e sostanziosi. Insomma, classico esempio di poca spesa e tanta resa.

Sono le 18, la temperatura è ancora gradevole, siamo intorno ai 23/24 gradi, e decidiamo di fermarci per un po' al Mirador Llano de Ucanca poichè ho intravisto qualche pianta, seppur secca, di Viperina e quindi cerco qualche bella composizione, giocando anche con la posizione del sole.
Devo stare attento però, perchè stavolta ci sono 2 guardiaparco con la loro jeep, e non siamo in Italia: voglio quindi evitare di farmi venire a trovare in prigione a Tenerife da Eli, seppur sarebbe un ottimo modo per trovare vitto e alloggio gratuitamente in un autentico paradiso. Perciò decido di tenere un basso profilo e non mi spingo eccessivamente oltre i limiti consentiti. Tempo di qualche scatto e ritorno nella legalità.

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Facciamo anche un nuovo giretto intorno alle Roques, sempre alla ricerca di qualche composizione particolare, e colgo anche l'occasione per fare delle foto da usare come primi piani per le successive foto notturne.
BREVE INTERMEZZO TECNICO: perchè scattare prima del tramonto e, soprattutto, prima che escano le stelle? Perchè ho una macchina fotografica poco avvezza agli alti iso e perciò ho deciso di usare questo „trucchetto“ per poter avere una qualità decente su tutto il file. Ovviamente poi il file delle stelle l'ho inserito in maniera coerente con la reale posizione della Via Lattea nel corso della serata. Si, qualcuno potrà dire che non è vera fotografia, ve lo concedo, ma così ho fatto...sono un peccatore. FINE INTERMEZZO TECNICO.

 

Decidiamo di osservare il tramonto al Mirador, praticamente possiamo toccare con mano la Roque de Garcia, la più vicina al mirador. Vedere la luce del sole diventare sempre più ambrata ogni minuto che passa è magico, e anche in questo caso, ogni minuto che passa, la temperatura si abbassa; però io ho l'adrenalina in corpo e saltello da una parte all'altra per approfittare di questi pochi preziosi minuti per immortalare questo spettacolo. Eli nel frattempo si gode questo spettacolo seduta, ogni tanto mi scatta qualche foto per documentare il mio disagio e avere del materiale col quale ricattarmi in caso di necessità.

Il sole finalmente tramonta, e la temperatura inizia ad essere rigida, saremo sui 10gradi. Eli decide di iniziare a ritirarsi in macchina, ignara di ciò che le aspetta anche questa sera... io invece continuo a fare scatti ai primi piani approfittando della poca luce rimasta. Decido inoltre di fare l'italiano e di arrampicarmi sulla Roque Chincado, forse la più particolare poichè la base è più piccola dell'apice, e quindi la roccia sembra poter cascare su un lato da un momento all'altro. Di questa roccia ho visto diverse foto dell'amico Mauro Cirigliano perciò decido di emularlo e di avvicinarmici notevolmente. Salire è abbastanza facile, scendere lo sarà sicuramente meno a causa del terreno molto secco, polveroso e pieno di piccoli lapilli. Ma niente paura, sono abituato a ben altro. Mi raggiunge ora Elisa, sono ormai le 9.30, e la temperatura è rigida, siamo sui 4 gradi. Mentre eseguo degli scatti inseguiti della durata di diversi minuti, mi accoccolo alla mia fanciulla. È un atto d'amore si, ma anche „dovuto“: sta patendo il freddo, e pure un po' di sonno, per starmi vicino e merita di essere coccolata e riscaldata a dovere. Ovviamente la sua resistenza, non enfatizzata dall'entusiasmo e adrenalina che invece mi pervadono, mostra ben presto i limiti, perciò dopo „poco“ (che significa un'ora a 4 gradi) decide di tornare in auto a riscaldarsi. Ha ragione, povera stella!!
Io continuo a scattare, provo a fare la panoramica che avevo in testa e sono tutto sommato soddisfatto del risultato, nonostante sia un completo novello in questo campo e me ne accorgerò nel momento in cui aprirò i file al pc e mi renderò conto che unire gli scatti è tutt'altro che semplice. La foto comunque l'ho comunque tirata fuori e va bene così. Sono ormai le 23.30, e Eli, veramente stanca e pure comprensibilmente annoiata, mi chiede a che punto fossi: capisco che è il momento di tornare perchè ho già abusato della sua infinita pazienza, nonostante non si sia mai lamentata e non mi abbia mai fatto pesare nulla. Tuttavia è giusto riconoscere quando si esagera. Riprendiamo quindi la via di casa e per l'1 siamo a casa, ci infiliamo direttamente in doccia e di corsa nel letto per un meritato sonno ristoratore.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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  • Giorno 6 (9 Settembre): LOS GIGANTES E ARCO DI TAJAO

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Il mood è sempre lo stesso: sveglia con calma, colazione, spesa, ma questa volta c’è una variazione: infatti quest’oggi ci trasferiamo dal Nord al Sud, alla volta di Los Cristianos dove abbiamo trovato un appartamentino in centro niente male. Lasciamo il nostro bellissimo appartamento panoramico, ed in generale la capitale Santa Cruz con un piccolo nodo alla gola, consci che per questa vacanza non vedremo più questa cittadina alla quale ci siamo già molto affezionati. Perciò dopo aver fatto l’ultima visita al Centro Comercial Meridiano, partiamo alla volta di Los Cristianos. Imbocchiamo subito l’autopista TF-1 e in circa 40/45 minuti siamo a destinazione. Lungo l’autostrada però sembra di tornare in Italia, poichè nella carreggiata opposta c’è un bel traffico, e anche sulla nostra carreggiata troviamo qualche rallentamento: l’umanità ha colonizzato anche quest’isola ormai.

Entriamo nell’abitato di Los Cristianos e fatichiamo non poco con la miriade di sensi unici e direzioni obbligatorie con le quali ci imbattiamo; tuttavia la mia navigatrice non perde la calma e riesce a sopperire ad un navigatore confuso, trovando così la strada per l’hotel nel quale ritirare le chiavi. Finalmente possiamo dirigerci così nel nostro appartamento, distante soli 500m dall’hotel.

Stazioniamo da qui fino alla fine della vacanza nell’Apartamento Sol Mar, un residence alle dipendenze dell’hotel di cui facevo cenno poco fa. Siamo nel cuore di Los Cristianos, in piena area pedonale, perciò scaricare i bagagli e trovare un buchino per parcheggiare la nostra adorata Adam non è impresa facile, perciò tiriamo fuori tutta la nostra italicità e sfoggiamo le 4 frecce mentre scarichiamo i bagagli. Ovviamente spostiamo l’auto dopo pochissimo, siamo italiani ma fino ad certo punto.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Per pranzo optiamo per un localino che si trova proprio di fronte al nostro balcone, nel quale mangiamo degli ottimi panini. Familiariziamo con il gentilissimo cameriere, il quale ci svela di avere origini siciliane e ci prepara anche una lista di location da non perdere assolutamente al sud. Però la nostra lista è più nutrita e riusciamo a mettere in difficoltà un autoctono, scoprendo posti che lui stesso non conosce! Orgoglio a mille.

Dopo il pranzo, ci spostiamo a Los Gigantes. Siamo attirati da questo posto a causa della enorme scogliera che si può ammirare dalla spiaggetta accanto al porto. La vista rimane molto appagata, anche se il posto non è dei più poetici ovviamente a causa della vicinanza al porto, appunto. Tuttavia nulla ci impedisce di rilassarci nella spiaggetta, in attesa del tramonto. Intermezziamo la nostra vita da spiaggia con qualche passeggiata tra i localini del porto, dove scoviamo diverse proposte di „crociere“ per l’avvistamento die delfini e balene: Eli impazzisce, la vuole fare a tutti i costi, è gasatissima. Complice anche il prezzo inspiegabilmente economico (circa 15€ a testa per due ore di uscita in barca e una bibita omaggio), decidiamo di prenotare. Ovviamente la mia mente fotografica malata già si sogna lo scatto dell’anno con i delfini che saltano incorniciato da un tramonto atomico, perciò chiediamo di venir messi nell’ultimo viaggio disponibile, che CASUALMENTE è già tutto pieno: optiamo allora per il turno 15-17 per il giorno 12, il giorno prima della partenza.

Ci spostiamo nuovamente in spiaggia per aspettare il tramonto, che si rivela buono, non eccellente

ma buono. Scatta la solita foto #FOLLOWMETO!

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Mi avventuro come al solito in mezzo a scogli tondeggianti, enormi e molto scivolosi, e ho sempre il cecchino Eli che mi controlla, alla quale ho lasciato lo zaino per evitare storie già viste di allagamenti improvvisi

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Alla fine del tramonto ci avviamo verso la macchina e torniamo a casa.

Lungo la strada, riemerge prepotente la nostra italica voglia di pizza e cerchiamo una pizzeria a Los Cristianos. Trovata, recensioni ottime, vada per la pizzeria.

Qualcuno potrà chiedersi: come avete fatto a trovare una pizzeria con delle ottime recensioni a Tenerife? La spiegazione è molto semplice: Los Cristianos è una sorta di “ghetto” italiano. Lo so, ghetto è una parola triste, ma purtroppo è anche quella che meglio spiega il motivo per il quale le attività degli italiani sono confinate tutte in questa città: i Canari, in seguito all’ondata di immigrazione italiana avvenuta negli scorsi decenni, con conseguente importazione delle italiche

maniere e modus operandi, hanno deciso di confinare questa massa in una unica città, appunto Los Cristianos. Questo spiega anche il perché a Los Cristianos sembra di essere a Riccione ad ogni ora del giorno.

In ogni caso, dopo la nostra doccia ristoratrice, ci dirigiamo in pizzeria, dove troviamo una gestione tutta napoletana, ma purtroppo l’attesa per un tavolo è piuttosto importante, perciò optiamo per le pizze da asporto da consumare sul balcone di casa.

L’idea è ottima: pizza, brezza leggera e rigenerante, divano, collasso. Chi meglio di noi? Pizza ottima. Ma ottima davvero!

Finisce così un’altra giornata su questa splendida isola? Macchè: stasera ci aspetta la visita di un posto incredibile: l’arco di Tajao. Ci rechiamo in questo posto di notte poiché la mia idea è quella di ritrarre questo arco con la Via Lattea.

Arrivare all’arco non è facilissimo, specie perché siamo immersi nel buio più buio. Parcheggiamo la macchina e grazie alle torce dei telefoni, di due torce frontali e di un’altra torcia, cerchiamo e troviamo il sentiero che ci porta all’arco. Arco completamente nascosto, non si trova se non si sa cosa si sta cercando, anche perché è un attimo finire a camminare sopra all’arco senza rendersene conto. L’arco è in continua ritirata, la roccia tufacea che lo compone è suscettibile all’erosione e non

sono poche le rocce che si trovano ai suoi piedi, distaccatesi da esso. Perciò siamo molto cauti e stiamo a debita distanza dai punti più pericolosi. Anche stavolta piazzo il mio treppiedi, monto l’inseguitore astronomico e inizio a fare qualche foto con Eli ed una torcia con la quale mira alla Via Lattea.

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Dopo qualche scatto, i risultati ci aggradano e torno ad essere un paesaggista, facendo una panoramica dell’arco e poi una panoramica dell’arco galattico: ogni foto impiega circa 5/6 minuti per essere fatta, Eli si accuccia su una roccia e si addormenta, perciò dopo aver avviato ogni foto, vado a controllare che sia sana e a farle caldo, perché la brezza in arrivo dall’oceano si fa sentire.

È ormai mezzanotte abbondante, anche per oggi di foto ne ho scattate, perciò possiamo rincasare per essere belli freschi l’indomani!

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  • Giorno 7 (10 Settembre): MASCA

 

Ed ecco scoccare la prima settimana di vita sull’isola! Ebbene si, sono già passati 7 giorni dal primo passo sull’isola. La mattina la investiamo facendo una passeggiata sul lungomare, tra i negozietti di souvenir e posticini dove mangiare (oggetti di una nostra attenta analisi in vista del pranzo).
 

Troviamo un negozietto tipico, dove prendiamo dei souvenir da portare a casa ai nostri cari. La pancia inizia a rumoreggiare, quindi ritorniamo sul lungomare dove avevamo adocchiato un posticino nel quale ci fermiamo a mangiare. Dopo aver speso esattamente la metà di quanto avremmo speso in Italia per un panino e insalatona, ci spostiamo verso la piazza di Los Cristianos dove in precedenza avevamo trovato una caffetteria italiana per tornare a sorseggiare vero espresso

per come lo intendiamo noi. Qui scopriamo che la proprietaria è italiana, e ci spiega un po’ come si vive a Tenerife: scopriamo che la sensazione di “ghetto italiano” che avevamo avuto come primo impatto sia in realtà una triste verità, e lei stessa si lamenta dei nostri connazionali, di quanto siano la propria isola hanno trovato questo stratagemma. Ancora una volta notiamo con dispiacere come l’Italiano sia visto all’estero. Finiamo la nostra conversazione con la nostra nuova amica, ci dirigiamo a casa a cambiarci poiché il nostro pomeriggio verrà speso in quel di Masca.

Entriamo in auto e ci dirigiamo in direzione Santiago del Teide, dove l’autopista, che ormai ha le nostre impronte sull’asfalto, finisce e inizia la strada peggiore percorsa finora sull’isola, roba che la strada per andare a Taganana in confronto è un’autostrada. La strada è ripida, stretta, le curve sono cieche, insomma, prestate molta attenzione a questa strada. in compenso però la vista panoramica è splendida, stiamo entrando in uno dei Barranchi più belli dell’isola, e fortunatamente possiamo farlo in auto e non con diverse ore di trekking, come avviene solitamente. Ci fermiamo un paio di volte lungo il tragitto perché qualcuno rompe l’anima con ste foto (#FOLLOWMETO ormai è parte di noi), e in circa un’oretta siamo a Masca.

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Il cielo si è chiuso, c’è vento, insomma, il clima non è dei migliori, motivo per il quale ci fermiamo per molto poco, una mezzoretta, durante la quale scatto le foto mentre Elisa fa la spola tra dove sono io e l’auto. Perché? Perche Masca è presa d’assalto da ladruncoli che approfittano del fatto che i turisti si allontanano di qualche metro dalle auto per scattare le foto, e ne approfittano per ripulire le auto. Nel giro di pochi minuti mettono a segno decine di colpi, quindi, se decidete di andare a 
Masca, state molto attenti.

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Dopo aver finito di far le foto, considerando che il tramonto non sembra promettere nulla di buono, decidiamo di riprendere la via del ritorno. Tuttavia, mentre risaliamo, il cielo inizia a colorarsi, costringendomi ad una nuova sosta.

Qui siamo in un punto esposto, e il vento spira fortissimo: mi allontano un po’ dall’auto e scendo di qualche centinaio di metri a piedi, alla ricerca di primi piani interessanti per le mie foto. 

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È qui che capisco che i ladruncoli di Masca non sono una leggenda, ma esistono: infatti trovo decine di zaini e borse a bordo strada, ancora pieni, ma con i portafogli ovviamente alleggeriti.

Raccolgo gli zaini e li metto a bordostrada, in modi che se i proprietari dovessero ripassare lungo la strada, potrebbero facilmente vederli e trovarli.

La sensazione che mi rimane del posto è che le potenzialità per ottenere una buona foto sono moltissime, però purtroppo è mancata ciò che in fotografia è fondamentale, la Luce: per tutto il pomeriggio il sole si è nascosto dietro le nuvole, dando spettacolo appunto nel tramonto quando i suoi raggi filtravano e coloravano tutto. Il posto sicuramente merita, e nelle iornate più limpide si riesce anche a vedere la fisionomia de La Gomera.

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Non appena finisce il tramonto, riprendiamo la strada del ritorno, e, dato che questa volta non facciamo troppo tardi, decidiamo di uscire a cena a mangiarci del buon pesce!

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Dopo un breve giro di perlustrazione, scegliamo il nostro locale, italiano, anche perché si è fatto tardi, ci siamo fatti delle docce particolarmente lunghe, la stanchezza inizia a farsi sentire.

Ordiniamo una grigliata di involtini di pesce e, mentre aspettiamo la nostra portata, un cliente italiano, che poi cliente non è ma è un amico dei proprietari, attacca bottone ed iniziamo a chiacchierare. Ci conferma la versione della cameriera della caffetteria, Los Cristianos è una sorta di “deposito” di italiani, dove questi hanno sviluppato i propri commerci e attività. Mi sale un senso di tristezza, ma inutile essere moralisti, purtroppo è una forma di difesa dei canari, che tanto torto non hanno…

Saldiamo il conto, incredibilmente basso considerando la qualità del pesce e le porzioni, e rientriamo in appartamento e per i corridoi incontriamo delle risate e urla fragorose, due famiglie di italiani che stanno colonizzando l’apartamento Sol Mar. In realtà sono molto carini e simpatici, ci fermano per chiedere delle info e ci intratteniamo a parlare per un’oretta dell’isola e sulle cose da vedere. Scopriamo che sono dei calabresi che sono giunti sull’isola per il matrimonio di un loro parente, e questo spiega anche il clima di giubilo, in maniera tipicamente “terrona”, festosa e caciarona (sono salentino, quindi terrone). Ci ritiriamo in camera dove finalmente possiamo riposare e fare degli orari normali: l’indomani infatti ci aspetta un bel po’ di strada da fare, andremo a Buenavista del Norte e poi a Punta Teno, quindi bisognerà essere in piena forma!

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  • Giorno 8 (11 Settembre): PUNTA TENO
     

Come anticipato nel precedente capitolo, oggi è la giornata della zona nord della parte meridionale dell’isola (scusate il gioco di parole): la strada da fare è notevole, non solo per la lunghezza, ma anche per a difficoltà del percorso, perciò ci riposiamo la mattina. Le strade in questa parte dell’isola sono particolarmente impegnative e richiedono particolare attenzione, specie perché la macchina non è nostra.
 

Pranziamo in uno dei soliti chioschetti di Los Cristianos, e ci rimettiamo in auto. Il percorso prevede diverse tappe, anche per lenire la nausea che il percorso tortuoso fa venire, anche a me che guido e che non ho mai sofferto l’auto. Ci alterniamo anche alla guida, sempre per lo stesso motivo e per rendere meno noioso il viaggio per entrambi.

Lungo il percorso il cielo si fa nuvoloso e cupo, anche il clima si fa un po’ freschetto. Non appena l’altitudine torna a scendere, la temperatura si fa più gradevole, e pure un po’ afosa. Nel momento in cui scolliniamo inoltre, si apre un paesaggio molto particolare e bello, con la visione su alcuni vulcani ormai spenti e addirittura le cui caldere sono riempite di acqua piovana a formare dei laghetti. Insomma, un paesaggio da computer grafica, ed in realtà è verissimo!

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Qui incontriamo la strada peggiore di tutta l’isola, piena di buche, con una pendenza mostruosa, che ora facciamo in discesa ma soffro al pensiero di doverla fare in salita e far soffrire la piccola spompa Adam. La superiamo e giungiamo a Buenavista del Norte, dove decidiamo di fare un giretto. Qui l’atmosfera richiama moltissimo il Meridione italiano, i paesi dell’entroterra salentino, con le case scrostate dalla salsedine, lo stesso colore chiaro delle case, così come anche l’aspetto della piazza, con un chiosco al centro. Ci prendiamo una spremuta, scambiamo qualche chiacchiera con gli anziani seduti sulle panchine e giochiamo a fare qualche foto ad un bimbo. Il tempo passa in fretta e riprendiamo l’auto per dirigerci verso Punta Teno.

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La strada torna a salire e ad arrampicarsi sulla scogliera, la strada è incredibile, e io mi fermerei ogni 10m per scattare, ma le piazzole di sosta latitano e le poche disponibili sono prese d’assalto, perciò proseguiamo. Non appena scolliniamo nuovamente e la strada torna a scendere, davanti a noi si palesa una piana dominata da cespugli, piante grasse, piante di aloe, simbolo dell’isola. Insomma, il richiamo al paesaggio del Nevada, una atmosfera molto western, è immediato.

 

Ci avviciniamo all’attrazione principale di Punta Teno, il suo famosissimo faro, con la sua colorazione bianca e rossa a strisce. Il cielo qui è improvvisamente tornato ad essere terso, anche se all’orizzonte c’è una striscia opaca che ricorda quella presente costantemente in pianura padana a causa dell’umidità e dell’afa…e scopriremo presto il perché della somiglianza.

Comunque, parcheggiamo l’auto e iniziamo a fare una passeggiata verso il faro, per andare a scattare le nostre fotine #FOLLOWMETO!

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Il vento è fortissimo, e in alcuni punti ti sbilancia molto, perciò ci allontaniamo dai punti troppo esposti e a picco sull’oceano. L’istinto fotografico irrompe nuovamente in me perciò propongo alla mia metà di spostarci sulla costiera in modo da poter fotografare il tramonto col faro. In questo modo abbiamo anche modo di toccare con mano la flora del posto, in quanto lungo il sentiero ci sono piante grasse, cactus, aloe.
 

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Il posto è magico, sarò scontato, l’ho detto per tutti i posti, ma è così: si respira un’aria preistorica!

Mentre Elisa si accomoda su un pianoro a godersi gli ultimi raggi di sole che rendono più sopportabile il forte vento, io saltello come da tradizione per scattare tante foto, cercando di fare del mio meglio. Purtroppo assistiamo al peggior tramonto di tutta la vacanza, il sole scompare dietro la foschia all’orizzonte e quindi niente golden hour. Va beh, sarà per la prossima volta, penso.

Ci dirigiamo verso l’auto per avviarci a casa, ci aspetta un po’ di strada tortuosa da affrontare al buio, non il massimo della vita.

Arriviamo a casa, doccia veloce e riusciamo nuovamente, ci dirigiamo nello stesso ristorante dove abbiamo mangiato pesce poiché questa sera la cena ce la offrono i genitori di Elisa (tanto love per voi, Michele e Susy) e vogliamo andare sul sicuro!

Per fortuna di Elisa, le foto notturne sono finite, perciò dopocena al massimo si fa un giretto per le vie di Los Cristianos e poi dritti a letto a recuperare ore di sonno.

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  • Giorno 9 (12 Settembre): EL MEDANO, EL PUERTITO, GITA IN BARCA
     

Inizia l’ultima giornata piena vissuta in quel di Tenerife. Perciò decidiamo di spremerci del tutto, e partiamo uscendo di casa prima dell’alba. La sveglia è suona alle 7, alle 7.20 siamo fuori casa e ci dirigiamo verso l’auto che abbiamo lasciato in una zona dove il divieto di soste inizia alle 7.30. siamo tranquilli quindi, arriveremo per tempo sicuramente. Elisa aveva avuto una qualche sensazione premonitrice, perchè uscendo di casa mi chiede „non è che ci stanno portando via la macchina?“ e io „ma figurati, mancano 10 minuti“…si vede che siamo italiani anche da questi particolari. Saliamo le scale che portano al viale dove abbiamo lasciato l’auto e in lontananza vediamo die lampeggianti. Ci guardiamo in faccia, controlliamo l’orario, sono le 7.23, ed iniziamo a correre come die disperati per bloccare il carro attrezzi. Arrivo per primo, faccio vedere l’orario al vigile e mi giustifico con il mio inglese stentato „sorry, i’m a bit late, few minutes“, il vigile e l’autista del carro attrezzo si mettono a ridere e cancellano il verbale e interrompono le operazioni di carico dell’auto. 1 minuto di ritardo probabilmente e ci avrebbero rovinato la vacanza. Però per fortuna è andato tutto per il meglio.
Accendiamo l’auto e partiamo, ridendo per tutto il viaggio di questo aneddoto che finiremo a raccontare alle prossime 3 generazioni.

La macchina ci porta ad El Medano, una montagna che si affaccia su di una spiaggia sabbiosa, un must per chi si reca a Tenerife. Ricordo che le prime foto che vidi quando digitai Tenerife su Google furono tutte di questa location. Anche in questo caso una foschia antipatica rovina tutto. Tiro fuori qualche scatto ma nulla di che. Eli intanto gioca a fare Baywatch perchè si nasconde dentro ad un baracchino del bagnino per ripararsi dal vento e per controllare i miei movimenti. Ovviamente mi pare scontato dire che mi sia lavato giocando con le onde dell’oceano alla ricerca di uno scatto con un primo piano dinamico. Finisce l’alba, finisce la pacchia e ci dirigiamo verso Los Cristianos per fare colazione.

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Troviamo delle dune di sabbia lungo la strada e decido di tentare qualche scatto, anche se la luce ormai è troppo alta e poco fotogenica, ma è l’ultimo giorno sull’isola, si tenta il tutto per tutto.

Quest’oggi, come anticipavo, la giornata sarà molto piena e all’insegna dell’osservazione della fauna di Tenerife. Eli ha letto su qualche sito che ad El Puertito si possono vedere le tartarughe e nuotarci insieme. Chiedendo informazioni però, sembra che queste informazioni appartengano al passato, e che purtroppo le tartarughe, a causa dell’eccessivo turismo, si siano trasferite in acque più calme. Qualcuno avanza anche l’ipotesi che siano state uccise.

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Decidiamo comunque di tentare la sorte e di fermarci in questa piccola e graziosa baia, nascosta e frequentata solo da nord europei che praticano sport marittimi. Appoggiamo la nostra roba su una spiaggia di sassi e ci buttiamo subito in acqua, andando alla ricerca delle tartarughe lungo la costa. È uno dei bagni più belli che abbia fatto sull’isola, non solo per l’acqua cristallina, ma anche perchè la costa è fatta da roccia vulcanica, rappresenta l’incontro tra il vulcano e l’oceano, con bellissimi scorci anche subaquei. Raggiungiamo un punto piano della costa e proviamo a cercare le nostre amiche tartarughe ma purtroppo sembra proprio che avessero ragione le persone che dicevano avessero cambiato posto (…sperando che il motivo sia questo e non altro).

Facciamo qualche tuffo e qualche foto con la gopro e torniamo a riva.

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Andiamo a cercare un posticino per pranzare ma il richiamo occidentale verso il McDonald’s è irresistibile e quindi optiamo per questa scelta. Nel pomeriggio dovremo essere a Puerto de Santiago, dove ci sono le scogliere Los Gigantes, per la visita con la barca alla ricerca di balene e delfini.
Dopo aver parcheggiato nel nostro posto segreto, raggiungiamo il baracchino delle prenotazioni, e scopriamo che il turno 17-19 in realtà è libero (ci era stato detto fosse tutto occupato), perciò Elisa entra in modalità Dobermann e riesce ad ottenere che la nostra prenotazione venga spostata.
Il cielo però, già da un paio di giorni, non è più limpido e sereno, ma è sempre molto opaco, complice anche l’afa e l’umidità. Inizio quindi ad abbandonare la speranza di fare la foto dell’anno con il delfino che salta col tramonto infuocato.

Giungono finalmente le 17, arriva la nostra barchetta e, con uno scatto da centometristi ma con molta nonchalance, saliamo per primi sulla barca e prendiamo i posti a prua, quelli migliori per avere una visione il più vasta possibile. Ci allontaniamo dal porto e in circa mezzora siamo nel mezzo dell’oceano e la barca si ferma. I marinai iniziano a cercare con lo sguardo qualche sbuffo d’acqua ed all’improvviso, ecco che compaiono! Sono balene, mostrano le loro pinne caudali, e probabilmente sono con due piccolini, perchè spesso escono in coppia e alcune hanno delle pinne nettamente più piccole.

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Ad un certo punto nuotano accanto alla barca. Elisa impazzisce e scatta foto e video a raffica, io ho la mia Olympus, con la quale però non riesco ad ottenere buone foto, complice anche il continuo dondolio della barca che inganna l’autofocus. Ci spostiamo nuovamente con la barca per cerare di osservare i delfini e…eccoli, che saltano giocano, ci seguono, ci spruzzano, insomma, non sono mica timidi!
 

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Viaggiano accanto a noi, al punto che quando saltano quasi riesco a sfiorarli. In tutto ciò, dei due, Eli è quella che riesce a fare le foto migliori, perciò alla fine rinuncio ad usare la mia macchina ma mi godo semplicemente lo spettacolo.

 

La barca sta ferma un quarto d’ora, poi ci spostiamo poichè la gita prevede anche la visita del Barranco di Masca e un bagnetto. Giungiamo alla scogliera e vediamo Masca da una prospettiva diversa rispetto a quella della scorsa visita. Noi però il bagno non lo facciamo, perchè la baia è piena di barche e sul mare si vede chiaramente una patina oleosa, perciò preferiamo rimanere puliti.

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La gita finisce ma non lo spettacolo: rientrando infatti, i marinai prendono dei biscotti e attendono che i gabbiani arrivino intorno alla barca per prendere al volo i biscotti. Non sbagliano un colpo! Chiamali scemi, cibo gratis!

Rientriamo nel porto, contentissimi die soldi spesi, ma soprattutto dell’esperienza vissuta, a stretto contatto con degli animali difficilmente osservabili nel Mediterraneo.

Sono le 19, il sole è sempre dietro alla patina nebbiosa, aspettiamo una mezzoretta a Los Gigantes dove scatto qualche altra foto approfittando dell’atmosfera un po‘ dark ma non sono ispirato, il tramonto che speravo anche quest’oggi non ci sarà. Torniamo perciò alla macchina e ci dirigiamo verso casa, cenando così ad un orario decente. Domani sarà l’ultima a Tenerife, ed il programma non ci risparmia!

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  • Giorno 10 (13 Settembre): LAS AMERICAS
     

Ebbene si, è l’ultima giornata. Impieghiamo la mattinata a sistemare i bagagli e liberare la casa; portiamo i bagagli nel deposito che l’hotel ci lascia a disposizione, in modo da poterci muovere senza troppe ansie. La giornata prevede la visita di Las Americas, dove ci dirigiamo per l’ora di pranzo. Nuovamente sottostiamo al volere della nostra pancia e, dopo aver trovato parcheggio, parte la ricerca del miglior posto dove pranzare. Individuato il posticino, pranziamo e visitiamo un po‘ Las Americas: non è un caso che si chiami così, sembra di essere a Las Vegas, con insegne enormi e luminose, negozi su due piani e terrazze molto sceniche. Ci sono anche delle colonne greche, lì dove si trova l’Hard Rock Cafè. Ed è subito #FOLLOWMETO!
 

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Alle 14 circa abbiamo appuntamento con Andrea. Chi è Andrea? Conosco Andrea su un gruppo facebook poichè avevamo la stessa moto. Spesso postava nel gruppo le foto dei suoi giri in moto e dopo poco si scopre appunto che lui vive a Tenerife. Perciò nei mesi prima della partenza gli rompo spudoratamente le scatole per chiedergli lumi e informazioni e lui, gentilissimo, mi aiuta sempre dandomi indicazioni preziose. Venendo sull’isola, non era tollerabile che non lo incontrassimo per offrirgli qualcosa da bere. Ci troviamo lungo il viale di Las Americas e andiamo a bere qualcosa.
 

Inizia a raccontarci del perchè si sia trasferito, di come abbia visto i cambiamenti dell’isola, di come La Palma stia per aprirsi in due con un terremoto e tante eruzioni (cosa che terrorizza letteralmente Eli al punto che…no, sto spoilerando, non si fa), ci conferma per l’ennesima volta che Los Cristianos è terra italiana e che se vuoi affittare un appartamento tutto l’anno e sentono che sei italiano, aumentano il prezzo e ti chiedono un’infinità di mesi di anticipo come cauzione. Insomma, abbiamo terrorizzato questi canari e loro come conseguenza ci ghettizzano.

Come biasimarli, francamente?

Scopriamo anche che questa nebbia che ci perseguita da due giorni è la famosa Calima, un vento caldo e umido che giunge dalla costa marocchina e che trasporta sabbia. Ecco spiegato il perchè il clima negli ultimi giorni sia afoso e ben poco terso, perchè ha fatto due gocce di pioggia ma sembra sia piovuto sabbia, e spiega anche perche gli ultimi due tramonti siano stati davvero deludenti. Colpa della Calima!
 

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Passiamo un’ora a parlare con Andrea e letteralmente vola, ci racconta un sacco di aneddoti della sua vita e della sua morosa, die suoi giri in moto per Tenerife, e delle sue escursioni sul Teide, insomma, saremmo rimasti ore ad ascoltarlo perchè eravamo davvero in adorazione per questo ragazzotto che ha cambiato la sua vita nel giro di 3 giorni.

Purtroppo però le cose belle durano sempre troppo poco e dobbiamo salutare Andrea per dirigerci in aereoporto, ormai le nostre ore sull’isola stanno finendo.

Ammetto che dal momento in cui ho salutato Andrea mi è venuto un magone incredibile, forse perchè ho realizzato che davvero la vacanza stava finendo. Ovviamente non è un addio, è solo un arrivederci.

Ci dirigiamo all’aereoporto e dobbiamo riconsegnare la nostra amata Adam. Il contachilometri segna ormai 7000km, ciò significa che in 10 giorni abbiamo fatto almeno 1300km, incredibile.
 

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Arriva il nostro aereo arancio, ci imbarchiamo mentre il sole ormai inizia a scendere. In un battito d’occhio siamo in volo, le bocche vulcaniche, El Medano, la terra brulla e marrone si allontana per lasciare il posto al blu dell’oceano.

Arrivederci Tenerife, Arrivederci Arcipelago, Arrivederci Canarie!
L’isola decide di sorprenderci ancorea una volta e ci regala un magnifico tramonto visto da prospettiva favorevole a 6000m!

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Ma non ho detto una cosa: cosa stavo per spoilerare quando si parlava di Las Palmas? Ecco, per un po‘ di tempo Eli è rimasta un attimo spaventata da questo fatto, e perciò quest’anno, quando abbiamo iniziato a discutere di destinazioni, ha escluso a priori le Canarie per questo motivo. Dopo averla però rassicurata e averle spiegato che il rischio è infinitamente piccolo, dopo aver vagliato anche altre ipotesi, quest’anno abbiamo deciso di tornare nel nostro Arcipelago, perchè quest’anno visiteremo…….rullo di tamburi…..FUERTEVENTURA e LANZAROTE!!!!

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